I - Il parcheggio

Il parcheggio
Di fronte all'ostello "Good-Bro" l'automobile rallentò. Eseguì quindi una curva stretta, e tanto bastò a Roberto Petrucciani per incunearsi in un angolo del parcheggio, fermare l'auto, scendere davanti al chiosco del parcheggiatore, e accingersi a contrattare. Almeno, contrattare si fa per dire, perché il parcheggio ha prezzi fissi. Roberto Petrucciani però, aveva ricevuto alcune informazioni discordanti a proposito. Prima, infatti, al bancone dell'accettazione di Good-Bro, gli avevano spiegato che avrebbe dovuto pagare diciotto euro coprendo un'intera giornata, e che quello era l'unico modo; ma Petrucciani, che non aveva intenzione di sborsare i diciotto, s'era messo ad osservarsi intorno, notando infine, vicino al cancello arrugginito all'ingresso del parcheggio, la scritta "cinquecento fiorini l'ora" su un muro di cemento scrostato.
Il fiorino, antica unità di moneta affascinante, forse gli Ungheresi non lo sanno, ma viene proprio dal paese di Petrucciani. È rimasto solo a loro, ma dunque quale enorme tributo questa piccola nazione di dieci milioni di persone deve all'Italia, a Firenze, al fiorino d'Oro, all'epoca dei Comuni?! Il fiorino col giglio impresso sopra, simbolo della città di Firenze. Il fiorino del grande capolavoro di Troisi e Benigni: "non ci resta che piangere". Chi non se lo ricorda? "Alt! Chi siete? Cosa portate? Ma quanti siete? Un fiorino!". L'Italia esporta il Rinascimento in Europa, l'architettura dei suoi palazzi si diffonde come i funghi in tutto il continente (più pacificamente di come gli USA esportarono la pace in Iraq, senza dubbio). Gli Ungheresi amano quell'architettura; e oggi il Florin, come lo chiamano loro, rimane in questo paese pianeggiante confinante con ben sette diverse nazioni europee: crocevia dell'Europa dell'Est. Rimane, ed è difficile da conteggiare: difficile da convertire. Due virgola sette millesimi di euro equivalgono a un fiorino. Per semplificare allora, i Magiari (popolo siberiano dal difficile ceppo linguistico Ugro-Finnico, discendente da Attila Il Terribile) approssimano e scrivono sulle bacheche e sui botteghini dei musei per turisti: "trecento cinquanta fiorini uguale un euro".
Fatte le dovute conversioni, il parcheggio di Petrucciani costava più o meno un euro e mezzo l'ora. Lungo le strade pubbliche, parcheggiare diventava gratuito a partire dalle ventidue. Le macchinette del pagamento automatico, inutile a dirsi esclusivamente in ungherese, riportavano tutta una serie di informazioni incomprensibili a Petrucciani, dove però almeno spiccavano evidenti, in chiari numeri arabi, il sette e il ventidue: gratuità dalle ventidue alle sette. Di giorno invece, seicento fiorini l'ora per un massimo di tre ore. Petrucciani escogita la strategia ottimale: parcheggerà al chiosco fino alle ventidue, e poi la notte lungo le strade.
In realtà, un quarto d'ora prima, Petrucciani aveva già chiesto informazioni al chiosco. Si trovava a piedi, con l'automobile due isolati più in là, abbandonata in fretta, senza pagare i seicento fiorini, ancora nel processo di capire come funzionavano le cose, ma avvertendo comunque l'angosciosa inquietudine che da un momento all'altro gli avrebbero fatto la multa. Corso fino all'ostello da quel parcheggio selvaggio, individuato il parcheggio custodito, Roberto si accingeva a parlare con i sorveglianti. Dentro al chiosco trova un vecchio dall'espressione dura, insieme a un grosso ungherese dalla stazza di un orco. Il vecchio non conosce lingue straniere. L'orco spiccica solo qualche parola di inglese; va e viene dal chiosco occupandosi dei clienti.
Con l'orco, Roberto riesce a intendersi quel tanto che basta: apprende che è possibile pagare a ore, anticipatamente, e subito scappa verso l'auto parcheggiata abusivamente, laggiù a due isolati di distanza. Quando ritornerà, al volante, troverà solo il vecchio. Sul sedile del passeggero però, ha preparato un foglio su cui sono abbozzati i dettagli necessari da mostrare al chiosco, cioè la semplice formula "cinquecento per sei uguale tremila". In altre parole, Roberto pagherà soltanto tremila fiorini: non un centesimo di più. Roberto inoltre ha già immaginato che né l'orco né il vecchio accetteranno mai carte di pagamento. Non sono certo così moderni, e perciò nella foga del ritorno vero l'auto si è fermato affannosamente a uno sportello bancomat per ritirare diecimila fiorini. Ha abbondato, ma non si sa mai.
Il vecchio, dopo aver guardato il foglio col calcolo matematico, annuisce. Si vede che vorrebbe dire qualcosa, ma subito si rende conto che Roberto non capirebbe assolutamente nulla, e allora afferra il telefono.
"Bla bla bla bla bla…" si sente cianciare nel telefono cellulare. "Pagherai in anticipo" dice la voce robotica del traduttore universale di Alphabet Inc., meglio conosciuto come "Google". Roberto, che lo sapeva già, annuisce. "Bla bla bla bla…": "Ti mostrerò dove parcheggiare". Roberto dà al vecchio i diecimila. Di resto però riceve soltanto quattromila fiorini invece di settemila, e allora guarda il vecchio con espressione interrogativa: che cacchio vai combinando, amico? è la parafrasi evidente del suo sguardo, seppur bonario. Il vecchio alza una mano e si schiaffeggia la fronte. "Bla bla bla bla…": "La capra è sul tetto" dice il traduttore. Dall'espressione sempre più enigmatica di Roberto il vecchio capisce che l'ultima traduzione è andata male. Pah! allora: altra pacca sulla fronte. Poi di nuovo la voce robotica: "Ho creduto che paghi per un giorno intero. Scusa.", e tira fuori gli altri tremila. Vabbè: c'ha provato. Scrive a mano un pizzino di carta come ricevuta, poi guida Roberto a uno stallo di parcheggio al sole. Di ombra non se ne parla nemmeno. Roberto vorrebbe dire qualcosa, ma rinuncia. Prende la sua ricevuta, esce sul ghiaino, entra nell'ostello Good-Bro, e scompare due metri più avanti.